Vox: perché l’estrema destra guadagna consensi in Spagna?

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Un interessante articolo “La bestia que dormía” del New York Times Es spiega perché il partito di estrema destra Vox guadagna consensi in Spagna.

Adesso in pochi ricordano una frase che divenne famosa negli anni sessanta: “España es diferente” (La Spagna è diversa”) diceva lo slogan utilizzato per promuovere il turismo. Era vero, fino a poco fa, la Spagna era diversa dal resto d’Europa perché in Spagna non esisteva un partito di estrema destra, ora la bestia si risvegliata in molti luoghi. La bestia sembrava non trovare cibo in questa terra: qui il nazionalismo bellicoso ha avuto quarant’anni per screditarsi (gli anni del franchismo) e, quarant’anni dopo, nessuno voleva rianimarlo. La destra spagnola era ‘spagnolista’ ma con moderazione, con paura, con la consapevolezza che doveva mantenere una certa compostezza perché governava un Paese composto da tante culture e bandiere, dove non c’era posto per imporre il proprio grido.

Fino a quando, alle elezioni regionali dell’Andalusia, un piccolo nuovo partito estremista ha guadagnato l’11% dei voti. Il partito si chiama Vox, è stato fondato cinque anni fa da Santiago Abiscal, un sociologo dei Paesi Baschi che ha studiato dai gesuiti, ex militante del Partito Popular. La bestia si è risvegliata.

Adesso si inizierà a discutere su chi ha svegliato la bestia dal suo sonno, come e perché. Viene in mente anche un’altro nazionalismo, quello catalano: quattro o cinque anni fa, un partito di centrodestra, rappresentante della grande borghesia catalana, un partito che aveva governato la regione per decenni senza menzionare mai alcuna indipendenza, stava attraversando un brutto momento: il governo regionale di questo partito fece tagli alla sanità, all’istruzione e ad altri servizi. I cittadini catalani si riversarono nelle strade per manifestare contro il governo regionale. D’altra parte, molti dei componenti di quel governo regionale erano (e sono) indagati per corruzione. E così decisero di fare ricorso al Vecchio Trucco della Patria: sono usciti fuori a sventolare e baciare bandiere catalane. Con il primo slogan  “Espanya ens roba” (La Spagna ci deruba”) hanno identificato il soggetto Spagna come il nemico da sconfiggere e si lanciarono in questa guerra. 

Nel momento in cui l’indipendenza catalana sembra più lontana che mai, i cittadini che protestarono in strada contro i tagli, tornano di nuovo in strada con alle spalle il governo regionale di quel partito di centrodestra che disse loro di non prestare attenzione alle sciocchezze come il diritto di farsi curare negli ospedali. Il soggetto Spagna, attaccato dal pericolo catalano, ha risvegliato il patriottismo: come visto lungo tutto il 2018, un certo patriottismo spagnolo ha cominciato a sventolare la bandiera per “difendere l’unità nazionale minacciata”. 

Il nazionalismo, quando è coerente, è di destra: il concetto di nazione implica il privilegio di coloro i quali appartengono ad essa e, contemporaneamente, l’esclusione di quelli che non ne fanno parte. E questa è la base di qualunque idea possibile di destra: ci sono individui che vanno bene ed altri che non vanno bene.

Sebbene esistono, ovviamente, nazionalismi che pretendono essere “di sinistra” perché combattono i presunti poteri “stranieri”. Nella pratica, più in là dei discorsi e dei proclami, finiscono per dichiarare che la cosa davvero brutta non è essere sfruttati e derubati, la cosa davvero insopportabile è essere sfruttati e derubati dagli ‘stranieri’ ed accettano ben volentieri di essere sfruttati dai padroni locali: preferiscono la bandiera alla lotta di classe.

Perché è facilissimo vendere una bandiera e tutto il sentimentalismo che questa porta con sé: la cosa difficile è trovare argomenti, altrettanto diretti ed efficaci, che possano disarmare il potere della bandiera.

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Così la bestia si è svegliata: l’estrema destra è entrata anche in Spagna e la votarono molte persone che non sono riuscite ad ammetterlo, un voto che provoca vergogna, per questo motivo i sondaggi non hanno previsto il risultato di Vox. Ma un voto che provoca vergogna è un voto ancora più autentico: votare un partito che non riesci a nominare in pubblico significa avere preso una decisione intima, più intensa. In questo Paese che, come tutti in questa epoca, vive male il rapporto con la classe politica e dove il discorso dell’antipolitica è una forte calamita, Vox si aggiunge alla lista dei partiti ‘antisistema’. 

Il Programma di Vox include anche certe cose che possono sembrare giuste e popolari, quel genere di concetti tipici dei populisti: che si possa studiare la lingua spagnola in tutta Spagna, per esempio, o che la sanità pubblica non cambi da regione a regione, in modo che tutti gli spagnoli abbiano uguali diritti. Che i grandi partiti non abbiano inserito queste proposte nei loro programmi dimostra una certa inettitudine dei partiti politici tradizionali.

Però il “grande merito” e la profonda differenza tra Vox e il partiti tradizionali – sicuramente molto del fascino che ha ammaliato gli andalusi – è la rivendicazione nazionalista: la parola Spagna è continuamente pronunciata, la difesa dell’unità nazionale davanti alla minaccia separatista è la sua bandiera, lo stop all’immigrazione un’altra missione proclamata. Propongono costruire un muro alla Trum a Ceuta e Melilla e hanno ottenuto più voti dove vivono più immigrati: approfittano delle paure che i poveri locali provano quando si trovano davanti ai poveri immigrati. 

Insomma, l’articolo del New York Times, più di ogni altro, analizza benissimo la situazione in Spagna: il nazionalismo chiama il nazionalismo. La destra si radicalizza, si tirano fuori le bandiere. Vox è un partito che in molti hanno deciso di votare per protestare contro il separatismo sempre spalleggiato, utilizzato per fare numero, dal Partito Popular e dal Partito Socialista Spagnolo.

 

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